Causa di servizio e malattia professionale
non coincidono
(Cassazione 10648/99)
Il riconoscimento della "causa di servizio",
con il conseguente diritto all'indennizzo,
non implica automaticamente riconoscimento
della malattia come "malattia professionale",
e non dà quindi diritto alla relativa rendita
stabilita dalla legge. La Sezione Lavoro
della Corte di Cassazione ha respinto il
ricorso di un macchinista che chiedeva alle
Ferrovie dello Stato il riconoscimento della
propria malattia (artrosi cervicale) come
malattia professionale, sul presupposto che
era stata riconosciuta la dipendenza della
stessa da causa di servizio. I Giudici di
legittimità precisano che l'istituto della
rendita per malattia professionale - previsto
dal D.P.R.n.1124/65 - e quello dell'indennizzo
dovuto al dipendente ferroviario per causa
di servizio si fondano su presupposti diversi,
essendo il secondo un beneficio attribuito
al dipendente per compensare menomazioni
fisiche comunque connesse al servizio, laddove
il primo richiede che la malattia sia contratta
nell'esercizio e a causa della lavorazione
svolta, ed impone pertanto un nesso più stretto
tra malattia ed attività lavorativa, nel
senso che l'attività lavorativa debba essere
"conditio sine qua non" della malattia.
La Suprema Corte ritiene infine che, ai fini
della configurazione della malattia professionale,
sia sufficiente una pur lieve componente
di pendente dalla "senescenza naturale"
(il ricorrente aveva 60 anni) per far scendere
la malattia "al di sotto del minimo
indennizzabile". (2 novembre 1999)
Sentenza della Corte di Cassazione n. 10648/99
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P. B., domiciliato in ROMA presso LA CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato
e difeso dall'avvocato MARIO CANDIANO, giusta
delega in atti;
- ricorrente -
contro
FF.SS. S.p.A.
intimato -
avverso la sentenza n. 4334/96 del Tribunale
di BARI , depositata il 19/11/96 r.g.n.1517/95;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 9/03/99 dal Consigliere
Dott. Aldo DE MATTEIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Francesco MELE che ha concluso
per l'accoglimento del ricorso
.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 23 settembre 1991
P. B. ha convenuto in giudizio dinanzi al
Pretore di Bari, in funzione di Giudice del
Lavoro, l'Ente Ferrovie dello Stato, per
accertare che la malattia denunziata (artrosi
cervicale) e di origine professionale [1](non
tabellata), con conseguente diritto ad una
rendita permanente, nella misura da determinare
a mezzo di consulenza tecnica. Chiedeva,
altresì, la condanna dell'Ente convenuto
alla corresponsione della rendita conseguentemente
spettante, oltre rivalutazione, interessi
e rimborso delle spese del giudizio.
Narrava di essere dipendente dell'Ente Ferrovie
dello Stato con mansioni di macchinista,
e che la malattia in questione era stata
accertata dall'ente, a diversi fini, come
dipendente da causa di servizio.
Costituitosi il contraddittorio, l'Ente contestava
la domanda, e ne chiedeva il rigetto, sottolineando
che, in ogni caso, il fatto che la denunciata
infermità fosse stata riconosciuta come dipendente
da causa di servizio non comportava il suo
automatico riconoscimento come malattia professionale.
Espletata consulenza medico legale, l'adito
Pretore accoglieva la domanda, e condannava
l'Ente convenuto alla costituzione, in favore
del ricorrente, di una rendita permanente
nella misura del 11%, oltre rivalutazione
monetaria ed interessi come per legge, nonché
al rimborso delle spese giudiziali.
La S.p.A. Ferrovie dello Stato, già Ente
Ferrovie dello Stato, interponeva appello
chiedendo che, in riforma di detta sentenza,
la domanda fosse rigettata; deduceva la nullità
del ricorso introduttivo del giudizio per
genericità, e la carenza di adeguata motivazione
in ordine alla sussistenza di elementi idonei
a comprovare la legittimità della pretesa
e, in particolare, la sussistenza del nesso
di causalità tra la malattia e l'attività
lavorativa.
Il Tribunale di Bari, nella resistenza dell'appellato,
con sentenza 7/19 novembre 1996 n. 4334,
in accoglimento dell'appello delle F.S.,
rigettava la domanda dell'appellato.
Il Tribunale, respinto il motivo di appello
relativo alla nullità del ricorso introduttivo
del giudizio, lo accoglieva nel merito.
A tal fine escludeva, in primo luogo, che
potesse avere rilevanza nella presente causa,
ai fini dell'affermazione del nesso eziologico
tra attività professionale e malattia denunciata,
il riconoscimento che la stessa malattia
dipende da causa di servizio, come accertato
ai fini dell'equo indennizzo.
In secondo luogo riteneva che l'appellante
non aveva fornito la dimostrazione, sia pure
in termini di probabilità, ma ancorata a
concrete e specifiche situazioni di fatto,
della eziologia lavorativa, la quale non
può essere oggetto di mere presunzioni di
carattere astratto ed ipotetico.
Il Tribunale riteneva poi nel concreto che
il lieve grado di artrosi cervicale riscontrata
(pari ad una riduzione della capacità lavorativa
dell'11%), è compatibile con la senescenza
naturale del soggetto, attualmente di anni
60.
Concludeva che la malattia dalla quale assume
di essere affetto il ricorrente non è di
natura professionale, perché trattasi di
patologie che affliggono indifferentemente
qualsiasi categoria di persone.
Ha proposto ricorso per Cassazione il P.,
con tre motivi, illustrati da memoria.
L'intimata Ferrovie dello Stato Società di
Trasporti e Servizi per Azioni non si è costituita.
Motivi della decisione
Si deve esaminare preliminarmente la questione
sollevata nella memoria, con la quale il
ricorrente assume la inesistenza della procura
conferita da soggetto diverso dal legale
rappresentante della società, per l'ipotesi
"se ci fosse mai costituzione della
S.p.A. Ferrovie dello Stato in questo grado".
La mancata costituzione nel giudizio di Cassazione
della Ferrovie dello Stato Società di Trasporti
e Servizi per Azioni rende la questione,
proposta per la prima volta nella memoria,
inammissibile.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente
censura la sentenza impugnata per violazione
e falsa applicazione dell'art.1 co.3 n. 5
D.P.R.30 giugno 1965 n. 1124 [2]e del r.d.10
marzo 1938 n.1054; violazione dell'art.12
delle preleggi; insufficiente motivazione
su un punto decisivo della controversia.
Ricordate, in successione cronologica, le
norme che riguardano l'assicurazione obbligatoria
per gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali del personale ferroviario,
il ricorrente si duole che il Tribunale abbia
negato ogni valore alla delibera delle FS,
attestante la dipendenza della malattia da
causa di servizio, e pretenda che la prova
del nesso eziologico sia ricavata in sede
di procedimento per l'accertamento della
malattia professionale.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente
deduce omessa motivazione su un punto decisivo
della controversia, costituito dal valore
confessorio, oltre che della deliberazione
di cui al motivo che precede, dalla circolare
interna 7.1.1989 n. 3, secondo la quale il
riconoscimento della dipendenza della malattia
da causa di servizio costituisce elemento
certo ed incontrovertibile per quanto concerne
la sussistenza del nesso di causalità tra
la malattia e l'attività lavorativa espletata.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente
deduce illogicità della motivazione (art.360
n.5 c.p.c.), per avere il Tribunale dissentito
dalla risultanze peritali in maniera illogica;
contesta in particolare le due affermazioni
connesse: a) che la malattia avrebbe colpito
il P. a 60 anni, mentre dalla delibera 112/1978
risulta che ciò avvenne a 43 anni b) che
dopo una certa età è comune l'insorgenza
dell'artrosi cervicale. Ha inoltre censurato
la sentenza impugnata per avere disatteso
immotivamente l'accertamento peritale secondo
il quale le continue vibrazioni e gli sbalzi
termici cui il P. sarebbe stato sottoposto
per la sua attività di macchinista sono sufficienti
ad istituire il nesso causale con il lavoro
che rendono la malattia riscontrata professionale.
I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente,
data la loro connessione.
In effetti la società F.S., che in forza
dell'art.127 n. 2 D.P.R. 30 giugno 1965 n.
1124 curava la tutela infortunistica dei
propri dipendenti (e ciò fino alla data del
l° gennaio 1996, quando il personale ferroviario
in attività di servizio è stato trasferito
all'Inail, in forza dell'art.2 comma 10 d.l.
lo ottobre 1996, n. 510, convertito, con
modificazioni, in Legge 28 novembre 1996,
n. 609), aveva emanato una Circolare (n.3
del 7/1/89), relativa alla "Applicazione
delle disposizioni introdotte dalle sentenze
della Corte Costituzionale 10/2/1988 n.179
e 11/2/1988 n.206" nella quale chiariva
le due distinte procedure da seguire per
le denuncie di malattie professionali non
tabellate a seconda che si trattasse di malattie
denunciate ex novo o malattie denunciate
dopo l'avvenuto riconoscimento delle stesse
come malattie dipendenti da causa di servizio.
A tale ultimo proposito veniva espressamente
detto che "il riconoscimento della dipendenza
della malattia da causa di servizio costituisce
elemento certo ed incontrovertibile per quanto
concerne la sussistenza del nesso di causalità
tra la malattia e l'attività lavorativa espletata
e per quel che attiene all'epoca cui deve
farsi risalire l'esistenza del nesso stesso".
Il ricorrente ne deduce che ciò esonera il
lavoratore, per espressa previsione di tale
norma, dal dover fornire qualunque prova
in ordine al nesso causale lavoro/patologia.
I primi due motivi sono infondati, alla luce
della consolidata giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui "L'istituto della
rendita per malattia professionale previsto
dal d.P.R.30 giugno 1965 n.1124 e quello
dell'indennizzo dovuto al dipendente ferroviario
per causa di servizio si fondano su presupposti
diversi, essendo il secondo un beneficio
(qualificabile come prestazione speciale
di carattere previdenziale) attribuito al
dipendente per compensare menomazioni fisiche
comunque connesse al servizio, laddove la
prima richiede che la malattia sia contratta
nell'esercizio, e a causa della lavorazione
svolta e impone pertanto un nesso più stretto
tra malattia ed attività lavorativa, dovendo
quest'ultima, in caso di fattori plurimi,
costituire pur sempre la causa sufficiente,
ossia la "conditio sine qua non"
della malattia.
Pertanto il riconoscimento della causa di
servizio non ha rilievo ai fini del riconoscimento
della malattia professionale, per il quale
occorre indagare sull'esistenza dello specifico
rapporto di causalità fra l'attività svolta
e la patologia contratta, reclamata dal dipendente
come malattia professionale. (Cass.5.2.1998
n. 1196; Cass.14.2.1997 n. 1356).
Né, trattandosi di un rapporto previdenziale
pubblicistico, l'istituto assicuratore (nella
specie le FS) può disporre del diritto stesso
e riconoscerlo al di fuori dei casi previsti
dalla legge (per riferimenti, circa l'incompetenza
della contrattazione collettiva ad intervenire
sulla materia previdenziale: Cass.19 luglio
1997 n. 6655).
Il rigetto dei primi due motivi di ricorso
rifluisce sul terzo motivo, limitatamente
alla parte in cui il ricorrente si duole
che il Tribunale ha ritenuto che l'artrosi
cervicale é stata accertata all'età di 60
anni, anziché di 43, come accertato nella
delibera. Poiché tale delibera non fa stato
per l'accertamento della malattia professionale
per cui è causa, non può neppure essere utilizzata
la sua datazione sull'insorgenza dell'artrosi.
Si deve rilevare al riguardo che per la indennizzabilità
delle malattie professionali, in seguito
alla sentenza n. 179 del 1988 della Corte
Cost. - che ha dichiarato l'illegittimità
dell'art.3 del d.P.R. n. 1124 del 1965 (nella
parte in cui limita la tutela assicurativa
alle sole malattie indicate in tabella) e
dell'art.134 d.P.R. cit. (nella parte in
cui condiziona il diritto alla prestazione
al fatto che l'inabilità o la morte si verifichino
nel periodo di tempo per ciascuna malattia
indicato in tabella) - il lavoratore é ammesso
a provare che la malattia, anche quando trattasi
di malattia non tabellata o comunque insorta
fuori dei termini predeterminati, ha ugualmente
carattere professionale e dipende dalla lavorazione
morbigena cui era stato addetto. In tal caso,
tuttavia, il lavoratore non potrà avvalersi
delle presunzioni favorevoli discendenti
dalla tabella e dovrà dimostrare, secondo
il generale principio dell'onere della prova,
non solo l'esistenza della malattia, ma anche
le caratteristiche morbigene della lavorazione
e il nesso causale tra tale lavorazione e
la malattia denunciata. L'accertamento in
ordine alla eziologia professionale della
malattia, risolvendosi in un giudizio di
fatto, come tale riservato al giudice di
merito, è incensurabile in sede di legittimità
se sorretto da motivazione immune da vizi
logici e giuridici (Cass. 1 settembre 1997
n. 8271 ; Cass. 21 marzo 1997 n. 2500 ; Cass.4
luglio 1996 n. 6094).
L'affermazione del Tribunale, secondo cui
l'artrosi cervicale è stata accertata all'età
di 60 anni, non è stata validamente contrastata.
Ciò posto, risulta corretta, perché basata
sulla comune esperienza, anche la connessa
affermazione del Tribunale secondo la quale
trattasi di malattia comune che affligge
la generalità delle persone a quella età.
Ciò non esclude che per determinati lavoratori,
soggetti a specifiche noxae lavorative, tale
malattia non tabellata possa assumere carattere
professionale ; ma nel caso di specie, atteso
il livello minimale della malattia, è sufficiente
una pur lieve componente dipendente dalla
senescenza naturale, come ritenuto correttamente
dal Tribunale, per far scendere la malattia
al di sotto del minimo indennizzabile.
Il ricorso va pertanto respinto in toto.
Stante la mancata costituzione della società
intimata, non occorre regolare le spese del
presente giudizio.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 1999, nella
Camera di Consiglio della Sezione Lavoro
della Corte Suprema di Cassazione.
Il Presidente
Il Consigliere Estensore
Depositata in Cancelleria oggi, 27 SET 1999.
NOTE AL TESTO
Nota 1: La malattia professionale è un evento
dannoso che agisce sulla capacità lavorativa
ed è in relazione alle prestazioni di lavoro.
Tale malattia non può ricollegarsi genericamente
all'occasione di lavoro (come per l'infortunio)
ma deve essere in diretta relazione con l'esercizio
di determinate attività. Le malattie per
le quali ricorre l'obbligo dell'assicurazione
devono essere contratte "nell'esercizio
e a causa" delle lavorazioni svolte
(c.d. lavorazioni morbigene). L'onere dell'assicurazione
è di norma a totale carico del datore di
lavoro.
Nota 2: L'art.1 del D.P.R.30 giugno 1965
n.1124 (Testo Unico delle disposizioni per
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali),
al 3° comma, contiene un elenco tassativo
di lavorazioni considerate obiettivamente
pericolose, che, a prescindere dall'impiego
delle macchine, comportano l'obbligo dell'assicurazione
per chi vi sia addetto (tra di esse, l'esercizio
di ferrovie, tranvie, filovie, teleferiche
e funivie).